Diventare mamma per una donna che lavora, significa spesso fare i conti con un futuro incerto. Eppure la Costituzione e lo Stato tutelano la maternità in maniera netta: l’articolo 37 della nostra Costituzione dice infatti “ le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”. Il secondo riferimento normativo che dobbiamo necessariamente richiamare è il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, ossia il D.Lgs. 151/2001.
Ma quali sono nello specifico questi aiuti e queste tutele? Ho cercato di riassumerli tutti.
Diritti delle mamme: cosa dice il Testo Unico D.Lgs. 151/2001
Il D.Lgs 151/2001 detta una serie di norme che riguardano la gravidanza e i primi mesi di vita del figlio: ovviamente queste tutele sono valide sia per i figli naturali che per quelli adottivi.
Il Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53, oltre a dettare disposizioni in ordine alle assenze legittime dal lavoro, retribuite o meno, in capo alla lavoratrice ed al lavoratore aventi diritto, prevede una serie di ulteriori disposizioni poste a tutela dei soggetti, specialmente con riferimento al rapporto ed alle condizioni di lavoro, nonché al mantenimento del relativo posto.
1Diritti della mamme: il Divieto di licenziamento
Nessuna donna può essere licenziata dal momento dell’accertamento della gravidanza fino al compimento di un anno di vita del figlio. Ci sono però delle deroghe: se c’è colpa grave da parte della lavoratrice, oppure se l’azienda chiude, se il periodo di prova non è stato positivo o se si trattava di un contratto a tempo determinato e ne sono scaduti i termini. Ma se il licenziamento avviene per altre cause rispetto a queste, deve considerarsi nullo ad ogni effetto di legge, con relativa sanzione amministrativa da euro 1032,91 ad euro 2582,28 . Non si può essere licenziate nemmeno se si chiede la fruizione del congedo parentale o per malattia del figlio da parte dei genitori lavoratori. E se si viene costrette a licenziarsi? La domanda di dimissioni volontarie da parte della lavoratrice durante la gravidanza, ovvero da parte dei genitori lavoratori dalla nascita e fino al primo anno di vita del figlio, è assoggettata alla convalida da parte dell’Ispettorato del Lavoro competente per territorio. (Questa è la teoria: poi purtroppo se ti rendono la vita così impossibile da non poter continuare a fare il tuo lavoro, non c’è Ispettorato del Lavoro che tenga).
Diritti delle mamme: Divieto di discriminazione
Nessun datore di lavoro, dice l’art. 3 del Testo Unico, può perpetrare qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei lavoratori fondato sul sesso, sullo status matrimoniale e su quello del nucleo familiare con riferimento all’accesso al lavoro, alla formazione ed all’aggiornamento e perfezionamento professionale, nonché alla retribuzione, alle qualifiche, alle mansioni ed alla progressione di carriera, giuridica ed economica. In teoria nessuno dovrebbe giudicare la vostra capacità lavorativa dal numero dei figli. Poi c’è la pratica: e la prima domanda che ti fanno è…ma poi chi ti tiene i bambini? Ti assenterai tanto?
Diritti delle mamme: Divieto di lavoro notturno
Dall’inizio della gravidanza e fino a che il bambino non ha compiuto un anno, le donne hanno diritto a non fare i turni tra mezzanotte e le sei del mattino. A tale divieto, definito dalla normativa in parola come “assoluto”, si aggiunge la facoltà, per la lavoratrice, di ottenere, a richiesta con accoglimento automatico, l’esonero dal lavoro notturno se madre di bambino di età non superiore a tre anni, o se è l’unca affidataria di minore convivente di anni 12 o, infine, se reca a proprio carico un qualsiasi familiare portatore di handicap grave .
Diritti delle mamme: I Permessi per controlli prenatali
Ogni volta che andate a fare una visita in gravidanza, si tratta di un’assenza legittima, e ci sono permessi orari retribuiti, a condizione che gli stessi debbano essere eseguiti esclusivamente durante l’orario di lavoro. Sarà necessario poi portare al lavoro la documentazione che attesta che si è andate effettivamente a fare la visita: i permessi devono comprendere anche il tempo dello spostamento in macchina.
Diritti delle mamme: Assegnazione temporanea in un’altra sede di lavoro
Le lavoratrici e i lavoratori del settore pubblico possono chiedere, se hanno figli con meno di tre anni, l’assegnazione temporanea per un periodo di tempo non superiore a tre anni, ad una sede di servizio sita nella stessa provincia o regione in cui l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, a condizione che esista un posto vacante e di pari livello retributivo nella sede di destinazione, e vi sia il preventivo assenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione.
Diritti delle mamme: il congedo maternità
Si parla di congedo di maternità obbligatorio per un periodo di 5 mesi, quel tempo dei due mesi antecedenti la data presunta del parto e tre mesi successivi. In questo periodo, la donna (dipendente) è obbligata all'astensione dal lavoro. Tale diritto è previsto anche alle madri adottive o affidatarie.
Le lavoratrici dipendenti del settore privato, le lavoratrici autonome, le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata dell'Inps e, in qualche caso, alle madri che hanno cessato o sospeso l'attività lavorativa, godono dell'indennità di maternità durante il periodo del congedo obbligatorio. In alcuni casi, l'indennità è pari all'80%, in altri al 100% dell'ultimo stipendio. Per il congedo facoltativo, se applicabile, si prevede un'indennità del 30%.
Come si fa a richiedere il congedo di maternità e ricevere l'indennità?
- elematicamente dal sito dell’Inps (www.inps.it - Servizi on line);
- al numero del Contact Center integrato indicato sul sito dell’Istituto previdenziale;
- tramite Patronati, attraverso i relativi servizi telematici.
La domanda telematica deve essere inviata prima dell’inizio del congedo di maternità e, in ogni caso, non oltre un anno dalla fine del periodo indennizzabile, pena la prescrizione del diritto all’indennità.
La lavoratrice è tenuta a comunicare la data di nascita del figlio e le relative generalità entro 30 giorni dal parto con una delle modalità sopra indicate.
Le lavoratrici autonome sono tenute, invece, a trasmettere la domanda telematica successivamente al parto.
Diritti delle mamme: Riposi giornalieri post partum, c.d. “per allattamento”
L’articolo 39 del D. Lgs. n. 151/2001 riconosce alla madre lavoratrice, entro il primo anni di vita del figlio, il diritto di poter beneficiare di due periodi quotidiani di astensione dal lavoro di un’ora ciascuno, al fine di provvedere al figlio (sono i cosiddetti riposi per allattamento, quale motivazione prevalente – ma non necessaria o assoluta – che determina la richiesta di tale beneficio).
La concessione di tali periodi, che possono essere fruiti anche cumulativamente, ma esclusivamente pro die, presuppone comunque, una durata della giornata lavorativa non inferiore alle sei ore; viceversa, è riconosciuta solamente un’ora quotidiana di riposo dal lavoro. Anche il padre può chiedere queste ore di riposo, se ad esempio la mamma è casalinga ( o come nel mio caso, avevo un part-time). Se avete avuto dei gemelli, questi periodi di riposo giornaliero sono raddoppiati (anche se indipendentemente dal numero dei nati), e le ore aggiuntive possono essere fruite dal padre lavoratore, anche contemporaneamente alla madre nonché nel caso in cui la madre si trovi in congedo parentale. Anche per i riposi orari giornalieri è previsto il prolungamento degli stessi (ed in tal caso sono definiti non riposi orari bensì permessi orari giornalieri), ma esclusivamente in alternativa al prolungamento del congedo parentale, nel caso in cui il minore sia portatore di handicap con connotazione di gravità. In tale specifico caso, i genitori possono fruire, sempre alternativamente, di due ore di permesso giornaliero interamente retribuito fino al terzo anno di vita del bambino.
I riposi per allattamento e i permessi orari non sono cumulabili, a meno che il piccolo non abbia una situazione di particolare gravità.
E’ invece consentita la fruizione, da parte di un genitore e ricorrendone le condizioni, sia dei riposi giornalieri per allattamento per un figlio, che dei permessi orari giornalieri per l’altro figlio.
Per ciò che concerne l’aspetto retributivo, i riposi giornalieri sono considerati ore lavorative, e pertanto concorrono al completamento dell’orario quotidiano di lavoro; conseguentemente, non incidono sulla retribuzione e sono computati nell’anzianità di servizio. Però questi riposi incidono sulle ferie e le riducono (come riducono anche la tredicesima)
Per i lavoratori del settore privato, l’indennità per riposo giornaliero è anticipata dal datore di lavoro, il quale successivamente la porta in conguaglio con i contributi da versare all’Istituto di Previdenza obbligatoria. Nel settore pubblico, invece, i pagamenti sono a carico dell’Amministrazione datrice di lavoro.
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