Viaggiare con un bambino di sei anni può essere molto stancante. Ma può essere anche esilarante, soprattutto se te ne capito di tutti i colori. Sabato e domenica ho portato Tommy a Napoli ( che da noi dista circa 6 ore di autobus) perché abbiamo partecipato ad un evento Kinder, la Caccia alle uova alla Città della Scienza. L’evento in sé è stato carino, il lavoro piacevole: il contorno, fantastico. Cosa abbiamo davvero fatto in questi due giorni partenopei? Ecco tutta la verità!
1.Cannare l’orario di partenza dell’autobus scambiando le 6.30 con le 6.50, nonostante l’avessi riletto millemila volte: fatto 2.Costringere mio marito a rincorrere il mezzo con l’auto in una perfetta imitazione del Gran Premio di Monaco: fatto. All’arrivo c’erano gli autisti del bus ad aspettare noi e un contratto con la Ferrari ad aspettare lui. 3.Beccare l’unico viaggio, a memoria di tutti, con un ritardo di tre ore causa incidente: fatto. 4.Scendere a Caserta vestiti per una gita sulle Ande e scoprire che lì era primavera: fatto 5.Tentare l’entrata alla Reggia tenendo in mano due cappotti un bambino una valigia e schivando i corridori di non so quale maratona che giravano forsennatamente per i giardini esterni: fatto. 6.Sentire Tommaso davanti alla guardarobiera della Reggia chiedere: dov’è la nostra stanza? Fatto. 7.Percorrere i giardini interni ad una velocità doppia di quella del pulmino elettrico che sta lì perché ormai eravamo in ritardissimo per tutto il resto: fatto 8.Far girare al volo al figlio anche l’interno strepitoso perché è uno dei capolavori d’Italia e sentirmi dire alla fine di tutto, che la cosa più bella erano le carpe delle vasche: fatto. 9.Riprendere il treno per Napoli e osservarlo mentre addormentato si gira di scatto e dà un cazzotto al vicino di posto con la faccia poco raccomandabile: fatto. 10.Fare a Pozzuoli 400 metri di tappone pirenaico perché in albergo si erano guastati i centralini e non potevamo avvertirli dell’arrivo: fatto. Questa è la nuda cronaca: eppure c’è una cosa che ha colpito non solo me, ma anche mio figlio. L’infinita gentilezza di ogni persona campana con cui ho avuto modo di parlare. Un’ospitalità e una cordialità che non lascia fuori nessuno. A partire dal tipo losco del treno, che dopo il cazzotto, alle mie scuse terrorizzate si è messo a ridere e mi ha detto Signò vostro figlio deve fare il pugile, al personale dell’hotel che ci ha trattato come principi, alle persone a cui abbiamo chiesto indicazioni, che si sono fatte anche 100 metri al contrario di dove dovevano andare per mostrarci la strada, fino alla direzione di Città della scienza. Tutti, nessuno escluso, hanno reso migliore il nostro viaggio. E così ho capito qual è davvero l’oro di Napoli (e dintorni): la gentilezza. nell'immagine
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