Il pianto neonatale è la prima modalità con cui il bambino si affaccia al mondo. Il suo primo vagito rassicura la madre: “Piange, significa che è in salute e che sta bene”.
A livello fisiologico però il primo pianto è un pianto di dolore, in quanto l’aria che il neonato respira gli provoca un forte bruciore perché va ad asciugare le mucose della bocca e ad aprire per la prima volta i polmoni, in una condizione del tutto nuova. Questa sensazione di dolore viene placata grazie all’incontro con il contatto e il calore materno, in particolare tramite la suzione del seno.
Pianto del neonato: il ruolo della madre
Il momento del parto comporta l’allontanamento del bambino dal grembo materno: la perdita di questo luogo di conforto, che l’ha tenuto al sicuro per nove mesi, e il conseguente incontro con una realtà per la quale si trova a essere ancora impreparato fanno sì che la sua condizione sia di particolare vulnerabilità. Questa condizione di immaturità richiede l’apporto e l’intervento di una figura in grado di far fronte ai bisogni e alle esigenze vitali del neonato, che non si esauriscono con il solo soddisfacimento nutritivo.
Una delle funzioni più importanti della madre è, infatti, legata alla sua abilità ad interpretare il pianto del proprio figlio, dando un significato e un senso a quell’urlo e alle sue espressioni.
Freud intende quel grido proprio come la prima modalità con cui il neonato dice qualcosa di sé, del suo amore e dei propri bisogni: chi interpreta il suo lamento, trasforma questo urlo in una precisa richiesta.
Pianto del neonato: modo per richiamare l'attenzione
Fin dalla nascita il bambino capisce abbastanza rapidamente che il suo pianto richiama l’attenzione e l’intervento di mamma e papà e inizia, così, a utilizzarlo come mezzo di comunicazione, insieme al linguaggio del corpo. Pertanto, pianto e sorriso sono per lui gli strumenti che ha a disposizione per far sapere ai genitori, in particolare alla madre, quando ha fame, quando vuole giocare, quando è triste, quando ha sonno, quando ha bisogno della loro presenza, di una coccola.
Nella sua condizione di totale dipendenza, si può dire che il lattante “esista” proprio grazie alla relazione che si instaura con un altro, capace e disponibile nel dare una risposta al suo primo grido, che lo faccia sentire un soggetto unico.
E una delle difficoltà delle neomamme può consistere proprio nell’essere capaci di leggere il significato di quel pianto, di quel grido; anche se le madri non necessitano di un manuale o di regole da seguire, poiché ogni situazione è unica e poiché il loro istinto le può aiutare e guidare nell’ascolto e nella comprensione del proprio bambino. Tra le loro abilità vi è anche quella di “asciugare le lacrime”, comprendendo il significato psicologico che sottende quello fisiologico (fame, sete, sonno), fornendo un valore e un senso a espressioni, condotte e pianti del figlio.
Ma cosa significa che una madre interpreta? Abbiamo detto che l’urlo di un bambino, se non c’è nessuno che lo ascolta, rimane un semplice lamento: infatti, affinché questo grido possa assumere un significato e venga tradotto in una domanda, è necessario che qualcuno lo accolga e gli dia un senso. Se un neonato piange, bisogna capire cosa ci stia chiedendo con le sue lacrime.
Pianto del neonato: non sempre è fame
L’interpretazione spesso più semplice e immediata è: “Il mio bambino ha fame”. Di fronte al pianto del neonato, infatti, la mamma può tendere a interpretare questa espressione come una richiesta di soddisfacimento di un bisogno, la fame o anche la sete, quindi a rispondere con la proposta di cibo.
È, però, importante tenere a mente che i bisogni del bambino sono molteplici, così come le sue richieste, e il cibo non è la sola risposta. Anzi, può essere una delle risposte, ma non l’unica.
Il pianto, in realtà, può dire qualcosa anche del desiderio del piccolo, cioè della domanda d’amore che rivolge alle sue figure di riferimento: alcune lacrime veicolano un bisogno, come la fame o il sonno, altre invece domandano cura e premura, espressioni di un affetto che trasmetta al bambino che chi si occupa di lui lo riconosce come un soggetto unico e insostituibile.
Frequentemente la domanda d’amore viene espressa, attraverso il pianto, insieme alla richiesta di soddisfacimento di un bisogno: è quindi importante, seppur non semplice, comprendere che spesso non c’è solo un bisogno, ad esempio di cibo, di qualcosa che nutra lo stomaco, non è solo questo che il neonato domanda. La voce, lo sguardo, la vicinanza fisica ed emotiva sono alcuni elementi che possono rappresentare una cornice fondamentale della risposta al piccolo. Le sue lacrime, infatti, possono veicolare un messaggio più grande e profondo: quello di essere amato, accolto, desiderato e nutrito nel cuore.
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