Nella giornata scolastica, dopo ore di impegno e di gioco, quella del pranzo non dovrebbe essere un’occasione da consumare in fretta ma piuttosto una pausa attesa, un’opportunità utile affinché il bambino riceva cura e attenzione dagli adulti che si occupano di lui. In realtà però, il momento in cui nelle scuole dell’infanzia – dai nidi all’elementari – suona la campanella che annuncia il pranzo può essere vissuto da alcune insegnanti e da alcuni bambini come un vero e proprio incubo! Ci si può trovare di fronte alle scene più disparate, che rimandano spesso al rifiuto dei piccoli e all’insistenza dei grandi. La domanda da parte dell’insegnante sorge quindi spontanea: “Di fronte al bambino che non mangia, che non vuole assaggiare, che fa i capricci ogni giorno, cosa devo fare? Insisto oppure no?”.
Innanzitutto, occorre tenere presente che l’ingresso a scuola è generalmente la prima esperienza che il piccolo fa di un concreto distacco dalla madre e dall’ambiente familiare: talvolta, quindi, per il bambino è necessario un po’ di tempo per riuscire a fidarsi e affidarsi a una nuova figura adulta. È chiaro poi che, per ragioni che vanno oltre l’oggettiva bontà del cibo, i piatti preparati dalla mamma non saranno mai come quelli proposti in mensa. Nel tavolo della mensa scolastica, però, oltre al cibo c’è in gioco altro: socializzazione, acquisizione di regole comuni, condivisione di esperienze con i pari, nonché il gusto di mangiare, di assaporare pietanze differenti da quelle della tradizione familiare, cogliendone il nuovo colore, la consistenza e il profumo. In un clima conviviale, accanto agli amici, si creano per il bambino quelle condizioni ottimali che rinforzano il senso di partecipazione alla vita in comunità: a tavola si parla, si ascolta e si impara a stare bene insieme. L’insegnante, dal canto suo, è vicino ai bambini, ne sostiene la partecipazione, propone le regole da rispettare, incoraggia la scoperta di nuovi sapori e del piacere del cibo.
Tuttavia, come anticipato, l’importante momento del pasto può implicare una fatica per il piccolo che, a volte, può utilizzare il cibo come un mezzo per esprimere il compito impegnativo, legato alla nostalgia di casa e alla paura di essere abbandonato in un luogo poco familiare. L’ingresso a scuola caratterizza infatti il passaggio dal tavolo della famiglia alla mensa collettiva: quello che era un momento di “cibo – amore”, caratterizzato quindi principalmente dallo scambio di pietanze e affetti tra il piccolo e i genitori, arriva a comprendere anche aspetti del gioco e convivialità, rispetto ai quali è necessario imparare nuove regole e nuove abilità sociali.
Occorre superare l’idea che “l’ambiente mensa” sia solo un luogo di somministrazione e consumo dei pasti, dove il bambino deve assumere un ruolo passivo. Al contrario, l’organizzazione e la cura degli spazi e degli arredi, così come degli aspetti relazionali, agisce in maniera determinante su altre variabili: la gestione della mensa, l’atteggiamento degli insegnanti, la comunicazione verbale e non verbale. La convivialità e la possibilità di rilassarsi in uno spazio gradevole e affettivo sono aspetti fondamentali e imprescindibili quanto la qualità del pasto stesso.
È importante quindi che l’ambiente incontrato dal bambino non adotti metodi educativi eccessivamente rigidi, impersonali e punitivi, ma al contrario ponga attenzione alle particolarità individuali di ognuno: è qui che le insegnanti “giocano” parte del loro ruolo fondamentale, promuovendo e sostenendo l’avvicinamento dei piccoli, uno per uno, a una nuova cornice culturale – quale quella della mensa – con le regole che questa comporta. Sappiamo che attraverso la bocca i bambini esplorano, conoscono e si aprono al mondo esterno: mangiare implica dunque, oltre alla soddisfazione di un bisogno, la disponibilità o meno ad accettare qualcosa di esterno, qualcosa che arriva dall’altro all’interno di una relazione. La fatica iniziale dei piccoli ad accettare l’evento nuovo, ovvero la scuola, può quindi affiancarsi al rifiuto o alla scarsa disponibilità ad accettare l’offerta di cibo in un luogo ancora da conoscere per potersi fidare.
Infine, è fondamentale che il bambino, a partire dai pasti familiari e proseguendo con quelli scolastici, possa imparare ad apprezzare il valore della convivialità, ossia del piacere di condividere un momento come quello del pasto insieme ad altri bambini e ad altre figure significative come l’insegnante, avendo il piacere di ricevere e accettare il cibo insieme agli altri, condividendone anche le stesse regole.
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