Credo che una delle parole più importanti e più rappresentative del percorso educativo che portano avanti insieme genitori e figli sia COERENZA.
Quando parliamo con i nostri bambini ci sono tante situazioni differenti: a volte andiamo a dire lo Sì altre volte NO. Entrambe queste parole sono fondamentali, li educano e li aiutano a crescere: purtroppo però nessuno di noi ha il libretto di istruzioni di questi sì e questi no, e sembra difficile pronunciare entrambe queste parole.
Noi siamo figli di una generazione che ha ricevuto tanti (più o meno giusti) NO, ma che già era comunque uscita da quel concetto di autorità patriarcale che invece i nostri genitori hanno sperimentato sulla propria pelle. Adesso viviamo un modello di crescita dei figli completamente incentrato sull’empatia e sull’ascolto, che a volte ci porta a fare dei giri immensi per poter dire NO ad un figlio, perché proprio non ce ne sentiamo la forza. Magari non vogliamo deluderli o dare loro una sofferenza. Invece anche noi dobbiamo capire che il NO ha la stessa importanza del Sì: è un aiuto prezioso, perché lo aiuta a tollerare la frustrazione. Perché quello che spesso sembriamo non capire è che prima o poi i bambini andranno incontro a dei NO. E se non li hanno mai sperimentati, allora sì che diventerà difficile gestire le emozioni.
Ciò non significa urlare contro, spaventarli o umiliarli. C’è un modo corretto per dire no, con voce calma e ferma. Parliamo con calma, facciamo capire perché stiamo dicendo no. E dobbiamo dire no alla cosa che non può essere fatta e non a nostro figlio e poi aiutiamolo a superare la frustrazione.
Ovviamente non bisogna esagerare, né con I NO né con i Sì. Negare ogni cosa, a priori, senza una spiegazione, in maniera autoritaria non va bene. Ed è ancora peggiore dire no (ad una cosa che non va bene fare) e poi trasformare il no in sì perché il bambino ha insistito. Chiediamoci sempre: perché dico di NO o di Sì? Valutiamo con attenzione ogni risposta che diamo ai nostri figli! Perché i no ci stanno, mi riserviamoli se nostro figlio vuole fare qualcosa di pericoloso. Se un bambino di un anno e mezzo tenta di mettere un oggetto in una presa della corrente, non potete immaginare che da solo si autoregolamenti. E non potete nemmeno mettervi a spiegargli come funziona l’elettricità. Fermatelo, spiegate in modo fermo che non si fa ed è pericoloso e poi distraetelo.
I bambini reagiscono male davanti ad un no: è una cosa ovvia e scontata! Ma anche questa è un’occasione di crescita per genitori e figli. Cerchiamo di essere empatici davanti alla loro frustrazione ma non cambiamo immediatamente nostri no con i sì: i figli ne sarebbero disorientati. A tre anni mio figlio Tommaso doveva per forza darmi la mano quando attraversavamo la strada e camminavamo sul marciapiede. Adesso a 10 anni Tommaso è accanto a me ma indipendente. Il “non puoi camminare da solo” Sì è ovviamente adattato a quello che sa fare!
MA SIAMO NOI GENITORI A DOVER VALUTARE LE SITUAZIONI. È questo il concetto fondamentale: e quindi torniamo al discorso con cui ho aperto l’articolo. Quando dobbiamo dire Sì O NO, dobbiamo già avere un’idea chiara in mente di ciò che in generale può essere concesso e di quello che invece non si può fare. Mangiare i pop corn guardando un film insieme va benissimo. Mangiare solo merendine e patatine non si può fare! È bene che i limiti stabiliti, per quanto possibile, siano mantenuti fissi nel tempo e condivisi da tutte le persone che si occupano di accudire il bambino in modo da rispondere al bisogno fondamentale di ordine e di orientamento dei bambini piccoli. Se quello che i genitori vietano, i nonni lo consentono, potrebbe essere un problema.
Maria Montessori diceva che il bambino libero non è quello che fa tutto ciò che vuole: anzi, questa è una concezione educativa completamente sbagliata. Ci sono dei giusti limiti da porre che aiutano i bambini a trovare i confini delle esperienze da fare. Poi, crescendo, questi confini diventeranno sempre più ampi.
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