Educare i figli nella società contemporanea, caratterizzata da numerosi stimoli (come cartoni animati, giochi, videogame) e accompagnata dal chiaro motto “tutto e subito!”, può non essere facile. I genitori sono tenuti a dare dei limiti e delle regole ai propri figli, interrogandosi talvolta su questioni quali: “Ma come coniugare affettività e disciplina? Quando è giusto dire basta?”.
Al giorno d’oggi lo spazio per l’attesa, per la rinuncia e per la frustrazione (esperienza significativa, benché difficile da sostenere) sembra non essere tollerabile per bambini e ragazzi e ciò si riflette inevitabilmente sui loro desideri e sui loro bisogni, rendendo più critico rispetto al passato il compito dei genitori di tenere saldi i principi educativi, le regole e i limiti. Tuttavia sono proprio i “No!” e gli “Ora basta!” che consentono la crescita del bambino, permettendogli di sperimentare parzialmente le sfide e le difficoltà che incontrerà nel suo percorso.
Le insistenze, che talvolta si traducono in un utilizzo compulsivo degli oggetti – quali i giochi, i videogiochi o il cibo –, mostrano una difficoltà del bambino a regolare la pulsione (quella spinta energetica, mobile e complessa che si trova nella psiche) e ad accettare limiti e norme veicolati dagli adulti di riferimento come mamma e papà: spesso il bambino viene descritto come un “piccolo despota” che reagisce con rabbia ai limiti e alle regole, mentre l’adolescente è tratteggiato come spavaldo e con comportamenti sregolati.
La fatica delle mamme e dei papà di oggi nell’educare i figli è comprensibile alla luce anzitutto del discorso sociale, che promuove la politica dell’eccesso e del “senza limite”. Un altro aspetto da considerare è che ci vogliono tempo ed energia costanti per dare un limite; aspetti che a fine giornata, dopo il lavoro, possono anche mancare.
Di fronte al rifiuto caparbio dei figli rispetto a regole e confini, può essere utile cambiare punto di vista: piuttosto che interrogarsi su cosa si possa aver sbagliato per suscitare lamenti e rabbia di bambini e ragazzi, si può riflettere su quale messaggio si celi dietro a quel particolare rifiuto.
L’oppositività, oltre a rappresentare un importante passaggio evolutivo volto all’espressione del proprio sé, può infatti costituire una richiesta di riconoscimento o di indicazione su come rispettare le regole. L’opposizione veicola dunque un appello all’altro, il genitore in questo caso: “Chi sono io per te? Che posto ho nel tuo desiderio e nei tuoi pensieri?” o, ancora, “Intervieni tu, che sei l’adulto, a mettere degli argini, dei confini”, “Posso fidarmi?”. Il ruolo del genitore è quindi fondamentale perché, insieme alle regole e alla disciplina, può accogliere amorevolmente e contenere gli eventuali eccessi, rispettando la particolarità, la singolarità, il tempo di ogni bambino, a partire dalla comprensione del messaggio veicolato attraverso il disagio. La preziosità del ruolo genitoriale consiste proprio nel fatto di riuscire a donare uno spazio mentale al figlio, così che quest’ultimo si possa sentire pensato, desiderato e contenuto. Ecco perché è sempre utile, quindi, che il papà e la mamma possano interrogare le modalità con le quali il figlio cerca di attirare la loro attenzione, senza liquidarle esclusivamente come dei “capricci”. È proprio la disponibilità dei genitori a interpretare e tradurre i comportamenti del proprio bambino che consente di contenere e dare un senso alle sue espressioni emotive, mettendole in parola senza banalizzarle e senza lasciarlo nella solitudine del suo disordine.
Per concludere, la libertà non equivale dunque all’assenza di regole, ma sboccia in un discorso familiare capace di coniugare legge (limiti e confini stabiliti con senso e autorevolezza) e amore (comprensione e riconoscimento): in questo modo, ogni bambino e ciascun ragazzo potranno compiere il proprio percorso per ricercare e costruire la propria particolare identità.
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