“E’ solo un capriccio”.
Questa frase sentita e pronunciata così tante volte in realtà nasconde un rischio. Il rischio di non dare la giusta rilevanza ad un comportamento del bambino che, in quanto espressione di un suo stato d’animo, non è mai “solo” un capriccio. Ha sempre un significato. È una richiesta che può nascere da un bisogno, da un’emozione difficile da definire, da un malessere fisico o da una condizione di disagio psicologico.
Crescere e sperimentare il mondo: che fatica
Il bambino, crescendo, si trova di fronte ad un compito complesso che è quello di imparare pian piano a sentirsi qualcosa di separato dalla madre, a sperimentarsi nel mondo, a comprendere che gli altri possono pensarla in maniera diversa e a fare i conti con i limiti della realtà che inevitabilmente gli provocano delle frustrazioni. Di fatto, però, non ha ancora completamente sviluppato gli strumenti per fronteggiare queste piccole e grandi conquiste e può trovarsi spiazzato. È qui che il genitore svolge il suo ruolo di guida nel mondo per suo figlio. E, proprio come una guida, starà a lui tracciare un sentiero, mettere dei confini e aiutarlo a prendere la giusta via. Rimanere fermi sulla propria decisione o dire di no ad una richiesta insistente sono esempi di come il genitore può svolgere questo compito.
Capriccio: cosa vuole comunicarci?
E’ importante cercare di comprendere cosa, a suo modo, il bambino sta tentando di dirci. I “capricci” non sono facili da capire (ma questo non significa che siano sempre inspiegabili) e per farlo è necessario impegnarsi a comprendere la situazione che sta vivendo il bambino in quel momento. Per quale motivo può essere stanco, arrabbiato, triste o annoiato? Dietro al “capriccio” spesso c’è un bisogno di contenimento al quale il genitore è tenuto a rispondere, in primis riconoscendolo. Tentando di negare quel vissuto o svalutandolo si rischia di farlo rimanere senza un nome. Se, invece, il genitore prova a “stare” con quel vissuto del bambino può aiutarlo a definirlo, elaborarlo ed affrontarlo.
Come affrontare ed elaborare il capriccio?
In che modo? Essendo presenti, entrando in contatto autentico e trasmettendo il messaggio che può capitare di sentirsi in difficoltà e mamma e papà sono qui vicino per superare insieme questo momento (oltre alle parole in questi casi è fondamentale il linguaggio non verbale). E’ in questo modo che si attua quel riconoscimento emotivo che è alla base di una buona e soddisfacente relazione genitore-figlio. In questo modo il bambino si sentirà riconosciuto e visto ed imparerà a gestire le emozioni.
Fermatevi un attimo a pensare all’ultimo capriccio di vostro figlio. Come vi siete sentiti? Qual è stata la vostra prima reazione? Ripensandoci, vi siete pentiti di come avete gestito la situazione?
Capricci dei figli: quanto conta il nostro vissuto
Le risposte che vi date a queste domande potrebbero esservi utili per riflettere sul fatto che, a volte, sono i vissuti suscitati da quel comportamento del bambino che vi disorientano e che possono scatenare in voi reazioni rabbiose e forti tensioni. Per quanto può essere difficile mantenere la calma quando vostro figlio punta i piedi o comincia a gridare, è proprio mantenere un atteggiamento tranquillo che potrebbe fare la differenza. Prendersi qualche secondo per ascoltarsi può essere utile per evitare di sfociare in una guerra di urla senza nessun vincitore.
Tutto ciò non è facile, ma d’altronde si sa che il mestiere di genitore è il più difficile al mondo ed è inevitabile sbagliare. L’importante è cominciare a guardare ai “capricci” da un’altra prospettiva, cercando di vederli dall’ottica di un bambino che, spesso, per il fatto di essere ancora bambino, ha difficoltà ad esprimersi a pieno. Basta pensare a quante volte, anche noi adulti, siamo in balia di emozioni contrastanti, non riusciamo a farci capire o abbiamo reazioni evidentemente esagerate delle quali ci rendiamo conto solo in un secondo momento.
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