Hanno 9, 10, 11 anni e profili seguitissimi sui social: il trucco a volte è pesante, l’abbigliamento mortificante e le movenze imparate dagli adulti mimano ritmi sensuali che stringono il cuore.
Perché da donna e madre di una bambina di 8 anni è questo che sento guardando i profili di quelle bimbe usate dai genitori per avere uno straccio di visibilità e salvarsi dalla piatta vita di tutti i giorni: una grande pena.
Ed è evidente la mano dei genitori: quando le nostre figlie giocano a truccarsi in casa, il risultato non è da make up artist. In alcuni casi, laddove alla bellezza della bambina si associa un qualche minimo talento, diventa l’occasione per fare concerti e serate, alla faccia del lavoro minorile.
Qui ritorna centrale un concetto di cui a volte ci dimentichiamo: i figli non sono nostri. Noi siamo solo il tramite che li ha messi al mondo. Ledere la loro dignità (perché prima o poi cresceranno, e magari saranno dottoresse, ingegneri e non avranno voglia di continuare a far girare quelle foto), farli crescere prima del tempo, metterli in pericolo (perché i predatori sessuali sono in agguato) significa non considerarli quello che sono, cioè esseri umani che devono essere amati e protetti in quanto tali. Significa invece considerarli come appendice della nostra vita, da usare per sentirsi meno frustrati, protagonisti della vita che non si è avuta.
La sessualizzazione del corpo delle bambine non è un gioco, ma un rischio concreto. E non si tratta di essere bacchettoni, ma ci si chiede con dolore come si possa arrivare ad essere orgogliosi che la propria bambina attiri i complimenti di uomini e donne adulti, senza percepire il pericolo. E vanno avanti, nonostanti alcuni adulti illuminati commentino in maniera diretta il fatto che è sbagliato esporre in quel modo le bambine.
E purtroppo c'è da pensare non tutti hanno alla fine il moto di pentimento di Anna Magnani in “Bellissima”: ma continuano a rincorrere 4 spicci e 5 minuti di visibilità guadagnati sulla pelle delle bambine.
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