Cara Matilde,
oggi ti racconto una storia. O meglio, tante storie.
La tua trisavola (e mia bisnonna) Anna, era una gran testa per la matematica. Una persona capace di fare conti assurdi a mente meglio delle nipoti che scrivevano su carta. Una fine economista. Ma a nessuno era importato nulla di questo: era una femmina, poteva restare analfabeta. E ci restò. Sapevi che le donne non mangiavano sedute insieme agli uomini e che se qualcuna di loro riusciva ad arrivare ad un boccone di carne era perché il padre si faceva impietosire e glielo passava di nascosto?
E poi c’era l’altra tua trisavola Irma, che oltre al lavoro in campagna doveva fare la cuoca nella casa dei padroni, quando arrivavano per le vacanze, ovviamente gratis.
E la tua bisnonna te la ricordi, vero? E' stata trattata come una pezza da piedi dall’uomo che la famiglia le fece sposare, fino a pochi minuti prima di morire. E tua nonna invece, che da ragazza non poteva nemmeno decidere quando indossare un cappotto comprato con i suoi soldi, senza che il resto della famiglia dicesse la sua?
E poi c’è tua madre, che ad ogni trenta e lode portato a casa dopo un esame trovava sempre qualcuno che insinuava “Ma l’esaminatore era un uomo?” Incinta prima del matrimonio di un uomo molto più giovane (CHE SCANDALO)...Che ha perso due lavori perché fare la mamma in Italia deve essere svincolato dal lavorare e che adesso si fa il mazzo, ed ha successo, eppure a volte si sente dire “Ma tu guarda, una mamma che ci capisce di informatica” che poi nemmeno è vero, perché io di informatica non capisco una cippa.
Ogni volta che noi donne nasciamo in Italia, sul nostro percorso sono sistemate delle buche. Degli inciampi, che il passare del tempo non mitiga.
Il gender gap è quando in un gruppo di uomini, loro sono appellati dottori e tu signorina, anche se sei la più titolata del gruppo.
Il gender gap è “se l’è cercata”. Perché hai bevuto un bicchiere, perché ti sei fatta una canna, perché hai fatto sesso in libertà come è tuo diritto.
È quando sei più grande del tuo compagno e allora sei una mantide, se sei molto più giovane, sei una che cerca soldi.
E’ quando vai a dire al tuo capo che sei incinta sudando freddo, mentre un uomo può brindare senza remore al fatto che diventi papà.
E’ quando le maestre a scuola ti dicono che non segui abbastanza tuo figlio, dando per scontato che sia orfano di padre.
E’ quando in una giornata di 24 ore devi trovare il tempo per lavorare, occuparti della casa e dei figli. Mentre tuo marito sta sul divano.
Il gender gap è sentirsi chiedere al colloquio di lavoro chi si occupa dei bambini.
È sentire l’obbligo di mostrare al mondo una faccia piallata, invece delle nostre rughe di tutti i giorni.
È lasciare che lo Stato disponga del tuo corpo e ti impedisca di scegliere.
È farsi pagare per stare a casa con i figli, che poi crescono. E tu che farai, allora?
Insomma Matilde mia: il gender gap è una gran rottura di coglioni. E' la pietra d'inciampo che ci portiamo dietro da secoli, che serve a ricordardarci che non siamo uomini. E io invece penso alla gioia selvaggia che mi ha attraversato l'anima quando ho sentito che eri femmina, che eri una guerriera, che avresti lottato. Come fa tua madre, che insieme a tante altre donne, lotta perché questo gender gap non aumenti…e magari scompaia.
Chissà se ce la faremo mai?
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