Quando sono entrata al Mudec per visitare la mostra su Frida Kahlo, pensavo che avrei, come sempre, gustato opere e scoperto nozioni e informazioni che non conoscevo. Quello che non immaginavo era di trovare lo spirito di Frida nascosto dietro ogni opera, dietro ogni parola, dietro ogni immagine trasmessa. Non immaginavo che avrei pianto al buio, con lei seduta lì accanto, non immaginavo che sarei rimasta per minuti interi ipnotizzata dai suoi occhi, pieni e vuoti al tempo stesso, nella cornice coloratissima dei suoi abiti tradizionali.
Frida mi ha detto che il dolore
Può avere vastità che il mare, in confronto, è una pozzanghera. Io che il dolore lo conosco, che so che significa essere tagliuzzata troppe volte ma ancora non ho il coraggio di guardare le mie cicatrici ho guardato le sue. La colonna frantumata, la gamba andata a male, il ventre infecondo, non nascosto ma esposto per essere elaborato, forse per essere accettato, e alla fine un corpo abbandonato con sollievo. Lei che la sua gabbia se la portava dietro ogni giorno, nei terribili corsetti d’acciaio che dovevano tenere insieme i pezzi di cristallo del suo povero fisico straziato, e la copriva con i colori straordinari degli abiti tradizionali.
Frida mi ha detto che l’amore
E’ come un incidente, forse più pericoloso di quello che ha cambiato la sua vita a diciotto anni, quando rimase in mezzo allo scontro tra un autobus e un tram. E da fuori è faticoso capire come lei così fragile, eterea, inconsistente come il fumo della sigaretta che teneva sempre in mano, potesse amare quella montagna di arte e desideri che era Diego Rivera. Un amore tradito infinite volte, mostrato nel filmino originale che viene trasmesso durante la mostra. Pochi attimi in cui Diego coglie dei fiori che lei con grazia aggiunge alla sua acconciatura: e poi lo bacia perdutamente. “Siamo il mostro e la bambini, brucia questa mia carne senza di te” canta Brunori Sas in sottofondo, mentre osservo e cerco di cogliere particolari e quando lei bacia la mano che lui gli porge capisco quanto amore ci fosse nel cuore martoriato di questa donna immensa. Io ti amo più di me.
Frida mi ha detto che la morte
E’ entrata piano piano nella stanza d’ospedale in cui i medici cercavano di ricucire quello che restava del suo corpo, ed è rimasta accanto a lei per altri 29 anni. Una morte che la osservava discreta e silenziosa come una signora in visita troppo incantata da quello che vedeva per andarsene, ma che a volte sentiva il bisogno di ricordarle la sua presenza, prendendo il figli che tentavano di crescere nel suo ventre, portando via i genitori, e strappandole brani di corpo. Frida mi ha detto che invidiava la morte libera di andare e venire per il mondo, mentre lei era una farfalla bellissima e colorata inchiodata al muro.
“Mi auguro che l’uscita sia allegra e mi auguro di non tornare mai più.” Ecco il suo epitaffio.
In realtà non se ne andrà mai, e anche io, sconosciuta che oltre sessant’anni dopo ho potuto ricevere il dono di osservare le sue opere, ho pensato per un attimo che fosse davvero lì, accanto a me, con la sigaretta accesa tra le dita, quello sguardo che diceva tutto, a occhieggiare se per caso, dietro la colonna, ci fosse Diego con i fiori che gli aveva chiesto di cogliere.
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