Tanto tempo fa, quando Mati era appena nata, mia cognata ci fece ascoltare una ninna nanna. S'intitolava "Lucciola lucciola": facile da cantare anche per me che sono un campanaccio. Tommaso l’adorò subito e io gliela mormoravo per farlo addormentare mentre allattavo la cucciola di due mesi.
Poi Mati si ammalò: e il nostro orizzonte smise di essere il giardino ancora verde di settembre che circondava casa nostra e si chiuse tra le quattro mura di una stanza di ospedale. Anzi, tre muri e una finestra che dava su un condotto di aereazione, e da dove per vedere il cielo bisognava farsi venire il torcicollo.
Io e lei, lei ed io. La nostra giornata era una continua carezza, un continuo tenerla in braccio, per risarcire i suoi giorni fragili di tutto il dolore che doveva sopportare. E mentre diventava sempre più leggera, che a tenerla ad occhi chiusi sembrava quasi di avere le braccia vuote, non smettevo mai di cantarle quella canzone. Lei era un po’ come quella lucina, piccola ma meravigliosa quando la vedevi di notte sul prato. Una luce che va a intermittenza, e che vedevo sempre più distante.
Dopo aver sbagliato tutto il possibile, i medici ci affidarono ad un’ambulanza per andare a cercare speranza in un altro ospedale. E anche lì sopra, tra gli urti e gli scossoni, mentre lei mi guardava con gli occhi sbarrati io continuavo a sorriderle e a cantare la stessa ninna nanna. E sentivo la manina contratta nella mia che piano si rilassava, ascoltando la musica conosciuta. Quella stessa nenia ci ha accompagnato fino alla fine del ricovero, quando finalmente la speranza ha preso il posto della disperazione: quando finalmente le hanno tolto la flebo dal collo e ha ricominciato a sorridermi con quei suoi occhi meravigliosi. Quando un miracolo ha trasformato quella povera crisalide di nuovo in farfalla.
Una volta tornata a casa, non so com’è, smisi si cantarla. Forse c’erano troppo brutti ricordi tra quelle parole semplici. Poi un giorno, quando Mati aveva quasi tre anni, la sentii avvicinarsi al cuginetto di pochi mesi e intonare "Lucciola Lucciola". Era tanto che non la sentivo e sono rimasta: così le chiesi chi gliel’avesse insegnata. <<Tu me la cantavi quando ero malata per farmi felice!>>. E non ha mai voluto dirmi da chi l'avesse saputo. Ora è di nuovo la nostra canzone: e spesso lei la canta al fratello più grande la sera di prima di addormentarsi. Così…giusto per farlo felice..
Commenti
E' così semplice eppure così dolce!!
Grazie davvero Silvia:è vero è stata una prova così forte...ma non riuscirò nemmeno mai a dimenticare che dono abbiamo ricevuto. E' come se Matilde fosse nata due volte...ma la cosa che più di tutti ci ha lasciato è il fatto che dobbiamo vivere i giorni accanto ai nostri figli pensando a quanto ogni attimo sia prezioso...
Grazie Maddalena...
Ho le lacrime agli occhi. Pure io la canto sempre a mia figlia e lei ormai la sa a memoria!
Mi sono commossa. Le tue parole toccanti, la tua dolcezza, la profondità della vostra dura prova affrontata insieme e l'amore racchiuso dalla vostra canzone. Attimi pi puro amore che hai condiviso con chi legge. Grazie.
Commovente, Daniela. Queste cose, anche se personali, è bello scriverle, sono un dono per tutti.