Il corpo delle mamme è un’astronave che traghetta un minuscolo viaggiatore dal mondo dei non fino alle proprie braccia. E’ un veliero che cresce, spinto da un uragano che si porta dentro, e cambia di forma in forma per nove mesi. E’ un universo senza pari, con al centro un sole che splende al buio, che ascolta il battito di un cuore nuovo e sconosciuto, che sente carezze e calci dove prima c’era il nulla. Il corpo delle mamme è una mano appoggiata su una pancia che cresce, mentre percepiamo ad occhi chiusi che quell’ospite minuscolo cambierà la nostra vita.
Il corpo delle mamme è nostro, ma smette di appartenerci, e scopriamo improvvisamente che siamo legate a filo doppio al dolore. Il dolore di un corpo che lotta durante il parto, il dolore dei punti di un cesareo, il dolore di un primo allattamento.
Il corpo delle mamme è impastato d’amore e d’acciaio, come il nostro cuore. Resiste a tutto, per tenere quel figlio tra le braccia. Alle lacrime che scendono per le ragadi, alle fitte alla schiena, ai primi passi uscite dalla sala parto.
Il corpo delle mamme è paziente. E si adatterà a non dormire, a mangiare quando capita, a restare ore con un pargolo appoggiato ad una spalla per lottare contro le coliche. Si sdraierà sul letto nelle posizioni più improbabili, si stenderà sui tappeti per giocare, s’infilerà sotto i tavoli per consolare un bambino che piange.
E il corpo delle mamme scoprirà anche di essere in grado di produrre una strepitosa quantità di lacrime: dalla prima volta che lo terremo tra le braccia alla prima volta che dirà “mamma”, dal primo giorno di nido al primo disegno. Basterà un abbraccio, a volte, o un “ti voglio bene, mamma” perché le lacrime inizino il loro viaggio lungo le guance. Basterà trovare una scarpetta dimenticata quando i figli sono un po’ cresciuti, basterà riguardare le loro foto appena nati.
Il tempo passa anche per il corpo delle mamme, che sembra rimpicciolirsi: e invece sono solo i figli che crescono e vanno sempre più su. Noi ci piegheremo un po’. Arriverà un po’ di stanchezza. Le mani con cui continueremo ad accarezzarli inizieranno a segnarsi.
Saremo un veliero che avanza sempre più lento, mentre davanti a noi questi figli straordinari continueranno a solcare il mare della vita.
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