In Italia i numeri parlano chiaro: in otto anni, rispetto a quelli precedenti, sono nati oltre 100 mila bambini in meno. In pratica nel nostro paese nascono 1,34 bambini per ogni donna.
Ogni donna deve sentirsi libera di autodeterminare la propria scelta di diventare o meno mamma. Ovviamente questo succede più che in passato, ma il vero dramma è un altro.
I figli come beni di lusso?
Nessuno mette in discussione l'amore per i nostri bambini: eppure nessuno può negare che mettere al mondo un figlio significa deviare un'importante parte dello stipendio e dedicarlo alla sua crescita. E si inizia ancora prima che nasca, magari se c'è l'esigenza di essere seguite da un ginecologo a pagamento che può costare per nove mesi oltre 600 euro.
Ci sono i costi naturali dell'alimentazione, l'abbigliamento, le strutture come i seggiolini per farli viaggiare in sicurezza. Quando crescono ci sono gli asili, le mense, i giochi, lo sport o la musica. Ad essi faranno seguito le scuole superiori e le costose Università. A questo punto, ovviamente sarebbe lecito aspettarsi un impegno in prima persona da parte del ragazzo per sostenere il proprio mantenimento. Ma fino ad allora?
Senza assistenza i costi salgono
Facciamo l'esempio che non abbiate i nonni ad assistervi e dobbiate tornare al lavoro quando il piccolo compie 3 mesi. E prima dei tre anni non entrerà nel giro della Scuola dell'Infanzia. Parliamo di almeno 30 mesi con costi che si aggirano intorno ai 400 euro al mese: 12 mila euro solo nei primi tre anni di vita. Se i figli da mandare al nido sono due, uno stipendio parte quasi interamente per questo. E non solo. Finchè i figli non diventano indipendenti, se la famiglia non è circondata di una rete di legami forti in grado di aiutare la mamma e il papà, ci saranno le spese costanti di una baby sitter qualificata che possa occuparsi dei bambini.
Se lo Stato non c'è, tocca ai nonni
Una considerazione triste, ma forse la prima che viene in mente. Il Welfare italiano, che pure è uno dei più cari d'Europa, sostiene in maniera molto zoppicante le famiglie numerose, o anche semplicemente le famiglie che hanno figli. E quindi sempre più spesso è la generazione precedente che sia a livello economico che di tempo ha più risorse a disposizione di noi genitori per occuparsi dei nostri figli, creando una specie di corto ciruito generazionale in cui le nuove coppie si trovano (a volte) esse stesse a fare fatica a trasporre la propria visione del mondo e la propria educazione al figlio con cui passano poche ore la sera, a fronte di un nonno che ci passa tutto il resto della giornata. E a cui, al di là di tutto, non possiamo che essere grati.
Lavoro precario: e i figli nascono sempre più tardi
La stessa precarietà della condizione lavorativa di molti porta a ritardare la nascita dei figli, perchè giustamente si teme per il futuro. Se due precari perdono contemporanemente il lavoro, che ne sarà dell'eventuale figlio? A volte (sottolineo a volte) ritardare la maternità significa andare incontro a problemi di fertilità: e anche in questo purtroppo la situazione economica diventa in parte una discriminante, perchè spesso questi trattamenti non sono mutuabili, e comportano spese che non tutte le coppie possono permettersi di affrontare.
La nostra generazione paga lo scotto di una politica non miope ma cieca. Di una politica che ha permesso a persone di andare in pensione con 15 anni di contributi e che adesso ci costringe a pagare pensioni che dureranno 50 anni. Che ha liberalizzato un mercato del lavoro con un occhio di riguardo alle aziende ma senza pensare ai lavoratori. Che infine cerca di lavarsi la coscienza da tutto questo orribile errore di valutazione con la frase: le donne italiane non fanno più figli.
E no, cari: siete voi che ci costringete a lasciare quella culla ancora vuota.
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